La via kazakha alla tolleranza religiosa
Il paese ospita circa 130 nazionalità e 40 differenti confessioni: rispetto delle minoranze per frenare il fondamentalismo.
di Romolo Martelloni
Negli ultimi anni il Kazakhstan, come molti altri paesi della regione dell’Asia centrale e dintorni, ha dovuto affrontare sfide importanti per mantenere la sua rinomata tolleranza e il rispetto dei diritti delle minoranze religiose, nonché per contenere il crescente estremismo religioso.
Le radici storiche della tolleranza etnica e religiosa del Kazakistan, la sua politica di integrazione religiosa, la promozione del dialogo tra le religioni e le continue sfide al nazionalismo liberale; tutto ciò è particolarmente rilevante e opportuno nel quadro geopolitico odierno e alla luce dei processi che si stanno sviluppando nell’Asia centrale. Il Kazakhstan potrebbe servire da modello per altri paesi per quanto riguarda la promozione della tolleranza etnica e religiosa.Paese multietnico che ospita circa 130 nazionalità e 40 confessioni differenti, il Kazakhstan è sempre stato considerato lo Stato più liberale della regione centroasiatica grazie alla politica religiosa moderata imposta dal Presidente Nursultan Äbişulı Nazarbaev. Costretto a fronteggiare l’espansione degli estremisti islamici la sfida presente e futura per il Governo kazako è quella di riuscire a garantire la sicurezza interna senza sfiorare i diritti delle comunità presenti sul territorio nazionale e la politica di concordia interreligiosa.
Con lo scioglimento dell’ Urss nei Paesi dell’Asia Centrale si è riacceso il tema della questione religiosa, legata al risveglio dell’Islam e alla presenza di numerose altre confessioni. Se i decenni precedenti furono caratterizzati dall’ateismo di Stato imposto dalla dottrina comunista, dai primi anni Novanta si è assistito ad una decisa inversione di tendenza e il ritorno di comunità e associazioni religiose si è in qualche modo legata ai tentativi di formazione di una nuova identità nazionale.
Delle cinque Repubbliche centroasiatiche ex-sovietiche il Kazakhstan è probabilmente il caso più interessante, sia per ragioni di carattere storico che per gli sviluppi successivi all’indipendenza. La steppa kazaka è stata plasmata nel corso di secoli dai continui incontri-scontri tra popolazioni di culture e fedi differenti: dalle invasioni delle tribù mongole ai coloni russi giunti con la progressiva acquisizione dell’Asia Centrale da parte dell’Impero zarista, le terre kazake sono state culturalmente e demograficamente rimodellate di continuo fino a diventare oggi un crogiuolo multi-etnico e multi-religioso. Il Kazakhstan era, ed è ancora, lo Stato centroasiatico più russificato della regione a causa della presenza di comunità etniche slave e tedesche che fino alla metà degli anni Novanta risultavano essere numericamente maggioritarie. A seguito di alcuni cambiamenti demografici (l’esodo di massa tra le nazionalità di etnia russa, ucraina, bielorussa e tedesca da una parte, il maggior tasso di natalità tra i kazaki dall’altra) il rapporto numerico tra la
componente kazaka (di fede islamica) e quella slava (di fede cristiana) si è capovolto a favore della prima. Nonostante ciò, il Paese oggi è dimora di circa 130 nazionalità e 40 religioni differenti. Secondo i dati ufficiali relativi al censimento del 2009 e riportati dall’Agenzia Nazionale di Statistica, su un totale di oltre 16 milioni di abitanti il 70% è di religione islamica, mentre il 26% è di fede cristiana.
La politica tolleranza e concordia inter-religiosa e’ uno dei principali motivi di orgoglio del Presidente Nazarbaev, che ha fatto vedere il proprio Paese al mondo quale modello di convivenza pacifica tra popoli di nazionalità e fedi diverse. L’obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo di un modello di armonia nel quale la tutela della libertà di culto e il rispetto dei vari gruppi sono concepiti nell’ambito della stabilità sociale e politica. Pur ritenendo l’Islam un valore positivo per la società, Nazarbaev ha puntato sul dialogo tra le confessioni. Come accaduto per i rapporti tra le comunità etniche, anche in ambito religioso è stata adottata una politica più prudente al fine di evitare la frammentazione sociale del Paese Il Presidente, infatti, preferisce parlare di un “Islam moderato” e di una “via kazaka” per la convivenza pacifica tra culture e religioni diverse, cercando in questo modo di porre al riparo il Kazakhstan dalle tensioni presenti a livello globale. Assieme allo sviluppo di una convivenza pacifica tra i vari gruppi, interesse costante del governo è quello di mantenere alta la guardia conto l’estremismo.
Il timore non nascosto è la proliferazione dei gruppi estremisti islamici molto diffusi negli altri Paesi dell’Asia centrale. Per quanto la riscoperta delle tradizioni spirituali sia stato un fenomeno accettato dalla stessa classe politica, allo stesso tempo la capacità dei movimenti religiosi di essere presenti nel tessuto sociale del Paese in maniera a volte più profonda dello Stato è ritenuta uno dei principali pericoli per la stabilità interna.