Khojaly: la tragedia del secolo
Incappiamo continuamente in vari avvenimenti, nella storia dell’umanità, che provocano una massiccia perdita di vite umane. Ovviamente sono varie anche le cause che stanno alla base di queste vicende: cambiamento climatico, disastri naturali, malattie che si diffondono rapidamente e guerre – considerate crimini contro l’umanità. Come ben sappiamo, nel XX secolo il mondo è stato testimone di due grandi guerre, a causa delle quali milioni di persone hanno perso la vita. Nonostante i popoli sperino nella pace, purtroppo anche al giorno d’oggi, riceviamo notizie di guerre da varie parti del mondo e con migliaia di vittime.
Negli ultimi anni del XX secolo il Caucaso del Sud ha rappresentato una zona calda. Alla vigilia della caduta del grande impero sovietico, tra la fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90, il conflitto del Nagorno Karabakh fra Armenia e Azerbaigian è prepotentemente emerso. Nella guerra iniziata alla fine degli anni ’80 e durata sino a maggio 1994, la parte azerbaigiana ha subito le perdite peggiori. Il 20% del territorio dell’Azerbaigian è stato occupato da parte delle forze militari armene. A causa delle conseguenze della guerra, attualmente in Azerbaigian abitano circa un milione di sfollati interni, espulsi con forza dalle proprie terre native da parte degli armeni. Nonostante la firma dell’accordo di cessate il fuoco, il conflitto non ha ancora trovato una sua soluzione, per la posizione non collaborativa della parte armena. Le 4 risoluzioni – Risoluzioni n. 822 (30 Aprile, 1930), n. 853 (29 Luglio, 1993), n.874 (14 Ottobre, 1993) e n. 884 (12 Novembre, 1993) – adottate dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, una delle organizzazioni che ha avuto un ruolo di maggiore rilievo a livello internazionale sul Nagorno Karabakh, rimangono non eseguite da parte degli invasori armeni.
Gli inizi dell’ultimo decennio del XX secolo rappresentano una delle pagine più dolorose, più gravi, della storia del popolo azerbaigiano. In una condizione di guerra da poco esplosa, l’ingresso delle truppe sovietiche il 20 Gennaio 1990 nella capitale Baku, e la perpetrazione di ciò, che passerà successivamente alla storia come Gennaio Nero, ha rappresentato uno dei colpi peggiori che un popolo potesse subire. Era molto difficile accingersi alla difesa dei propri territori da parte di un popolo in lutto, e cercare di difendersi nonostante tutte le difficoltà. Le forze militari armene, sfruttando la situazione, continuavano ad avanzare giorno dopo giorno. Il piano, basandosi su una politica di pulizia etnica, era quello di commettere una delle più grandi stragi, e radere una città al suolo. Le forze armate armene si sono avvicinate alla meta. Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992, le forze militari armene hanno accerchiato la città di Khojaly, disarmata e indifesa, con il supporto del 366° Reggimento Motorizzato Fucilieri dell’Urss, dislocato a Khankendi, e hanno messo a ferro e fuoco la città con brutalità, tramite l’artiglieria pesante. In poco tempo la città ha preso fuoco. Entro le cinque di mattina Khojaly è stata totalmente conquistata e rasa al suolo dagli invasori armeni. Nel corso del massacro sono state uccise 613 persone, più di 1000 residenti sono stati resi invalidi. In una notte sono stati uccisi 106 donne, 63 bambini, 70 anziani, 10 famiglie sono state completamente sterminate. 25 bambini hanno perso entrambi i genitori e 130 bambini almeno un genitore. 1275 residenti sono stati presi in ostaggio, il destino di 150 di loro è ancora sconosciuto. Questo è il prodotto dell’ira e dell’odio contro il popolo azerbaigiano. Le vicende di cui sono stati immediatamente testimoni i sopravvissuti di Khojaly, i fatti e le prove dimostrano che le azioni sono state realizzate con particolare crudeltà e brutalità. Possiamo dire che il massacro di Khojaly ha rappresentato l’inizio della politica di pulizia etnica contro l’Azerbaigian. Possiamo comparare l’Olocausto, il massacro di Katyn realizzato nel XX secolo, e tanti altri fatti orribili simili ad essi, con quello di Khojaly. Le note di un giornalista francese descrivono così la strage realizzata dagli armeni contro gli azerbaigiani: “Ho sentito molte cose sulla crudeltà. Ma gli armeni le superano uccidendo bambini di 5-6 anni e civili.”
Il corrispondente del giornale Izvestia, V. Bleix, valutava ciò che aveva visto in questo modo: “Periodicamente vengono portati ad Agdam i cadaveri degli azerbaigiani scambiati con ostaggi vivi. Neanche in un incubo è possibile vedere cose del genere: occhi trapanati, teste e orecchie tagliate, corpi tagliati a pezzi, cadaveri nudi avvolti con il cordone uno attorno all’altro e trascinati nella parte posteriore della macchina. Non c’è limite alle barbarie.”
Potremmo elencare opinioni simili di centiania di testimoni. La pianificazione di quanto effettivamente avvenuto a Khojaly, l’aver commesso i crimini col fine di sterminio parziale o totale delle persone, confermano che in base alla legislazione nazionale e del diritto internazionale si possa parlare di un genocidio. Alla luce di ciò possiamo dire che il massacro di Khojaly deve essere valutato allo stesso livello di Katyn e di Srebrenica, riconosciuti a livello mondiale, valutati a livello giuridico.
Lavoriamo nel quadro della Campagna “Giustizia per Khojaly!” verso l’affermazione dei fatti accaduti a Khojaly e il loro riconoscimento. Ormai una serie di stati del mondo hanno riconosciuto la tragedia di Khojaly come un atto di genocidio: Messico, Pakistan, Colombia, Republica Ceca, Bosnia ed Erzegovina, Perù, Honduras, Sudan, Romania, Organizzazione della cooperazione islamica (OIC – 57 paesi membri), alcuni stati degli USA (Texas, New Jersey, Georgia, Maine, New Mexico, Arcansas, Mississippi, Oklahoma, Tennessee, Pennsylvania, West Virginia, Connecticut, Florida, Arizona).
Anche se sono passati 25 anni, la questione mantiene ancora la sua attualità, e noi speriamo che la “tragedia di Khojaly” sarà apprezzata ad un livello più alto dal punto di vista giuridico .
Emin Rustamov
Copresidente di AGIA